martedì 10 gennaio 2017

LA FUGA DEL TEMPO

Dino Buzzati 1906 - 1972
Come cambia la percezione del tempo nel corso della maturazione? Un esempio ce lo dà Dino Buzzati che nel libro "Il Deserto dei Tartari" (1940) ci coinvolge nei pensieri del protagonista Giovanni Drogo a cui, dopo gli anni dell'accademia militare si presenta la prima (ed ultima) situazione lavorativa e la vita prende una nuova prospettiva e così il concetto di tempo.

"Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c'è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme di dietro, nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicano l'orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono più avanti; ancora non si vedono, no, ma è certo, assolutamente certo che un giorno ci arriveremo.
Ancora molto? No, basta attraversare quel fiume laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline. O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha l'impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada.
Così si continua il cammino in attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto.

Ma a un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si sente che qualche cosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si sposta rapidamente, ahimè, non si fa a tempo a fissarlo che già precipita verso il fiume dell'orizzonte, ci si accorge che le nubi non ristagnano più nei golfi azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l'una sull'altra, tanto è il loro affano; si capisce che il tempo passa e che la strada n giorno dovrà pur finire.
Chiudono a un certo punto alle nostre spalle un pesante cancello, lo rinserrano con velocità fulminea e non si fa in tempo a tornare.
Passeranno dei giorni prima che Drogo capisca ciò che è successo. Sarà allora come un risveglio. Si guarderà attorno incredulo; poi sentirà un trapestio di passi sopraggiungenti alle spalle, vedrà la gente, risvegliatasi prima di lui, che corre affannosa e lo sorpassa per arrivare in anticipo. Sentirà il battito del tempo scandire avidamente la vita. Non più alle finestre si affacceranno ridenti figure, ma volti immobili e indifferenti. E se lui domanderà quanta strada rimane, loro faranno sì ancora cenno all'orizzonte, ma senza alcuna bontà e letizia. Intanto i compagni si perderanno di vista, qualcuno rimane indietro sfinito, un altro è fuggito innanzi, ormai non è più che un minuscolo punto all'orizzonte.
Dietro quel fiume - dirà la gente - ancora dieci chilometri e sarai arrivato. Invece non è mai finita, le giornate si fanno sempre più brevi, i compagni di viaggio più radi, alle finestre saranno apatiche figure pallide che scuotono il capo.
Fino a che Drogo rimarrà completamente solo e all'orizzonte e all'orizzonte ecco la striscia di uno smisurato mare immobile, colore piombo. Ormai sarà stanco, le case lungo la via avranno quasi tutte le finestre chiuse e le rare persone visibili gli risponderanno con un gesto sconsolato: il buono era indietro, molto indietro e lui ci è passato davanti senza sapere. Oh, è troppo ormai per ritornare, dietro a lui si amplia il rombo della moltitudine che lo segue, sospinta dalla stessa illusione, ma ancora invisibile sulla bianca striscia deserta."