Goffredo Parise 1929 - 1986 |
“I giovani
“comprano” ideologia al mercato degli stracci ideologici così come comprano
blue jeans al mercato degli stracci sociologici (cioè per obbligo, per
dittatura sociale). I ragazzi non conoscono più niente, non conoscono la
qualità delle cose necessarie alla vita perché i loro padri l’hanno voluta
disprezzare nell’euforia del benessere”. Così scriveva Goffredo Parise sul
Corriere della Sera, nella sua rubrica, tenuta tra il 1974 e il 1975 (articolo
ora ripubblicato nell’antologia “Dobbiamo Disobbedire, Adelphi, 2013 e
riproposto dal sito https://prismi.wordpress.com/). Lo scrittore vicentino prosegue:
“I ragazzi sanno che a una certa età (la
loro) esistono obblighi sociali e ideologici a cui, naturalmente, è obbligo
obbedire, non importa quale sia la loro “qualità”, la loro necessità reale,
importa la loro diffusione. Ha ragione Pasolini quando parla di nuovo fascismo
senza storia”. Secondo Parise, quello che serve è insegnare la povertà, ma
cosa intende per povertà? Ecco le sue parole:
“Povertà non è miseria, come credono i miei
obiettori di sinistra. Povertà non è “comunismo”, come credono i miei rozzi
obiettori di destra.
Povertà è una
ideologia, politica ed economica. Povertà è godere di beni minimi e necessari,
quali il cibo necessario e non superfluo, il vestiario necessario, la casa
necessaria e non superflua. Povertà e necessità nazionale sono i mezzi pubblici
di locomozione, necessaria è la salute delle proprie gambe per andare a piedi,
superflua è l’automobile, le motociclette, le famose e cretinissime “barche”.
Povertà vuol dire,
soprattutto, rendersi esattamente conto (anche in senso economico) di ciò che
si compra, del rapporto tra la qualità e il prezzo: cioè saper scegliere bene e
minuziosamente ciò che si compra perché necessario, conoscere la qualità, la
materia di cui sono fatti gli oggetti necessari. Povertà vuol dire rifiutarsi
di comprare robaccia, imbrogli, roba che non dura niente e non deve durare
niente in omaggio alla sciocca legge della moda e del ricambio dei consumi per
mantenere o aumentare la produzione.
Povertà è
assaporare (non semplicemente ingurgitare in modo nevroticamente obbediente) un
cibo: il pane, l’olio, il pomodoro, la pasta, il vino, che sono i prodotti del
nostro paese; imparando a conoscere questi prodotti si impara anche a
distinguere gli imbrogli e a protestare, a rifiutare. Povertà significa,
insomma, educazione elementare delle cose che ci sono utili e anche dilettevoli
alla vita”.
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